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Senecione alpino

Senecio alpinus

In sintesi

  • Considerato una malerba problematica per via dell’elevato contenuto in alcaloidi molto velenosi. La sua soglia di tolleranza nella composizione botanica è pari a zero.
  • La tossicità interessa tutte le parti della pianta e si manifesta sia nel foraggio fresco sia in quello conservato (fieno o insilato). Se consumato da bovini ed equini causa danni irreversibili, che portano alla morte. Pecore e capre sono meno sensibili.
  • Generalmente non molto diffuso a sud delle Alpi. A nord delle Alpi, può risultare localmente abbondante, soprattutto nelle aree di stazionamento del bestiame, attorno agli edifici alpestri e, più in generale, sui pascoli liquamati con regolarità.
  • Laddove si è insediato stabilmente, l’eradicazione risulta problematica. In caso di focolai isolati, si può procedere estirpando le piante manualmente o impiegando il diserbo chimico localizzato pianta per pianta.

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In dettaglio

Morfologia e habitus

  • Raggiunge 30 – 100 cm d’altezza. Fusto eretto, angoloso e ramificato, che porta foglie alterne spaziate in modo uniforme. Le ramificazioni sono patenti e rivolte verso l’alto. Portano, ognuna, numerosi capolini peduncolati, riuniti in una o più pannocchie corimbiformi.
  • Le foglie sono picciolate, intere, da rotondeggianti (orbicolari) a cuoriformi e con margine grossolanamente dentato. La faccia superiore della lamina fogliare è glabra, quella inferiore ricoperta da un feltro grigiastro. Se sfregate tra le dita, emanano un odore cattivo.
  • Capolino di 3 – 4 cm di diametro, formato da fiori ligulati (esterni) e da fiori tubulosi (interni), entrambi gialli. Fiorisce in estate.
  • I semi, molto numerosi, vengono trasportati dal vento su lunghe distanze grazie a un organo di volo detto pappo (in questo caso si tratta di un pappo con setole filamentose grigiastre).
  • L’apparato radicale è formato da un corto rizoma da cui si dipartono numerose radici avventizie.

Longevità e sviluppo

  • Perenne.

Esigenze pedoclimatiche e diffusione

  • Presente nel piano subalpino e, in parte, in quelli montano e collinare del versante nordalpino delle Alpi, dove può risultare localmente abbondante, soprattutto nelle aree di stazionamento del bestiame, attorno agli edifici alpestri e, più in generale, sui pascoli liquamati con regolarità.

Gestione e modifica della cotica erbosa

  • Adattare la gestione (sfruttamento e concimazione) alle condizioni pedoclimatiche locali. Spesso è sufficiente ridurre l’apporto di liquami.
  • impedirne la disseminazione falciando le piante prima che fioriscano e pulendo regolarmente i pascoli. In entrambi i casi, i senecioni falciati vanno allontananti dalla parcella ed eliminati con i rifiuti domestici.
  • Le piante singole o i piccoli focolai d’infestazione vanno estirpati manualmente (intervento oneroso!) prima della fioritura, avendo cura di eliminare l’intera pianta, apparato radicale compreso.
  • Il risanamento delle zone di sosta del bestiame è oneroso e passa attraverso il cambiamento della gestione che ha favorito l’infestazione. In questi casi, dopo aver eliminato l’infestante, bisogna riseminare l’intera area con una miscela a base di trifoglio bianco e graminacee foraggere adatte alle condizioni stazionali.
  • Il diserbo chimico localizzato pianta per pianta è possibile ed efficace. Il suo utilizzo è regolamentato.
  • Per saperne di più

Valore foraggero

  • Considerato una malerba problematica per via dell’elevato contenuto in alcaloidi molto velenosi, che interessa tutte le parti della pianta, ma, in particolare, fiori e foglie.
  • L’ingestione di queste sostanze tossiche può causare, tra l’altro, crampi, gravi danni al fegato e portare alla morte. Persino l’assunzione puntuale di piccole quantità di veleno, se ripetuta nel tempo, può generare danni cumulativi irreversibili. Bovini ed equini sono più sensibili, mentre pecore e capre corrono rischi minori. Gli animali giovani al pascolo sono particolarmente esposti al pericolo d’intossicazione, finché non imparano a brucare in modo selettivo.
  • Rifiutato dal bestiame al pascolo a causa del suo odore ripugnante, può però risultare pericoloso se foraggiato fresco in stalla, forzando il bestiame a consumarlo.
  • La tossicità si manifesta sia nel foraggio fresco sia dopo conservazione (fieno o insilato).

Informazioni aggiuntive

Scheda tecnica APF-AGRIDEA 6.4.5 Senecioni

Gestione alpestre: PaturaALPINA.